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Bruno Castagna,“Mio nonno Mario Ridola”

28 Luglio, 2025 | Libri freschi di stampa, Nuova Armonia

Bruno Castagna al suo vecchio “banco” di lavoro alla sede RAI di Cosenza

Cinquant’anni fa moriva Mario Ridola, pittore nato a Napoli nel 1890, ma catanzarese di adozione. Profondamente catanzarese per tutta la sua vita. Approdato nella città capoluogo nel 1926, aveva sposato nel 1928 la nobildonna Francesca Suriani, appartenente a una nobile famiglia del luogo, i Marincola. Noto ai più per i suoi trascorsi in Libia e in Albania, e per essere stato protagonista di una lunga e brillantissima carriera anche in patria, l’artista, si stabilì poi definitivamente a Catanzaro con la sua famiglia nell’immediato dopoguerra. Qui visse e operò fino alla morte, che avvenne il 26 febbraio del 1973.

C’è un libro appena fresco di stampa che si occupa della sua vita e della carriera artistica di Mario Ridola. Il titolo è “Mario Ridola. La magia della pittura verista”, scritto dal giornalista Bruno Castagna, ed edito da Pubblisfera di San Giovanni in Fiore.

Mario Ridola. La magia della pittura verista” non è altro che una attenta biografia del grande artista, corredata da un considerevole numero di foto di dipinti, e nella quale l’autore ripercorre con dovizia di particolari la vita e le varie stagioni felici di questo artista catanzarese a tutti gli effetti. Bruno Castagna, non solo è nipote dell’artista, ma è stato soprattutto per oltre 35 anni mio straordinario compagno di lavoro in RAI, e con cui abbiamo firmato insieme centinaia e centinaia di inchieste e di servizi diversi. Lo cerco per saperne di più.

-Bruno, come e quando realmente incomincia la carriera di Mario Ridola-pittore?

Quello che posso dirti è che il giovanissimo Mario Ridola dimostrò, fin dalla tenera età, istintiva passione per la pittura. Frequentò lo studio di un grandissimo artista, Vincenzo Irolli, noto in tutta Europa. Poi, nel 1909, intraprese gli studi all’Accademia di Belle arti di Napoli.  L’ex capitale del regno era divenuta, seppur in un’epoca di grandi cambiamenti, polo di attrazione per le attività musicali, per il teatro, per le arti figurative. E nell’Accademia, luogo sacro delle arti, avevano avuto un ruolo di primissimo piano Domenico Morelli, Stanislao Lista, e, da ultimo, Achille d’Orsi, titolare della cattedra di scultura e presidente del Regio Istituto. Mario Ridola fu allievo di Vincenzo Volpe, professore di pittura di figura, e di Michele Cammarano, docente di pittura di paesaggio, che, in particolare, lo accolse sotto la sua ala”

-Le sue prime mostre?

“Prese parte a numerosissime rassegne artistiche. L’esordio nel dicembre del 1909 in occasione della «Prima Mostra d’Arte Nazionale», curata dell’Associazione Bernardo Celentano. Si mise in luce, benché appena iscritto alla locale Accademia di Belle arti, per la naturalezza delle sue tele, intime e brillanti, capaci di rendere all’immagine un carattere originale. A questa prima esperienza ne seguirono molte altre. Tra il 1911 e il 1912 Ridola partecipò alle Esposizioni d’arte della «Società Promotrice Salvator Rosa», a Napoli, e fu presente alla «Esposizione primaverile di Belle Arti di Firenze», con il ritratto Testa di vecchio».

Nel luglio del 1913 conseguì il diploma dell’Accademia. E già nella primavera del 1914 si riaffacciò al consueto incontro annuale della «Salvator Rosa» ed espose tre dipinti: Dai Camaldoli, Al Sole, Ritratto di mia sorella. Il 5 settembre del 1914 rispose alla chiamata della leva militare. Collocato a disposizione del Ministero delle Colonie, il 31 gennaio del 1917 partì da Napoli alla volta della Tripolitania e della Cirenaica”.

-Leggo sul tuo libro che Mario Ridola viene oggi definito dai critici d’arte “pittore orientalista”. Qual è la ragione?

Perché risiedette per lunghi anni in Cirenaica ma non abbandonò mai la sua innata passione per la pittura. Fu militare e, insieme, artista. Comprese di amare l’Africa, l’infinito deserto, proprio come il suo maestro Cammarano, che molti anni addietro aveva trascorso ben quattro anni in Eritrea. Riaffiorò prepotentemente lo slancio per la pittura. Dipinse. Riuscì a fermare sulle sue tele le visioni indimenticabili dei paesaggi, dei luoghi, degli istanti di vita della gente che viveva ancora nel passato, seguendo le antiche tradizioni della sua cultura. Fu insomma militare e artista. Il coraggio di una scelta divenne ragione di vita.

-Tu sottolinei che le biografie ufficiali riferiscono anche di alcune mostre che si sarebbero tenute proprio in quel periodo. Ne hai avuto conferma?

“Assolutamente vero. Espose a Derna, in Cirenaica, nel 1922; partecipò con alcuni suoi dipinti a prestigiose rassegne, a Buenos Ayres, alla Biennale di Venezia, nel 1924, e nel 1925 alla mostra coloniale di Fiume.  Nello stesso anno, proprio negli ultimi giorni della sua permanenza in Libia, Ridola tenne una mostra a Bengasi. Ad inaugurarla fu il Governatore della Cirenaica, generale Ernesto Mombelli. I quadri furono molto ammirati e in gran parte acquistati da privati, dal Governo, dal Municipio, dallo stesso Governatore. Di quello che fu definito un vero e proprio evento si occupò il periodico l’Italia Coloniale. Orsino Orsini, giornalista di origini siciliane, profondo conoscitore delle cose d’Africa, vicedirettore del Corriere della Cirenaica, in una nota su «La Tribuna», del 4 novembre 1925, definì Ridola «Il pittore delle “Mabruke».

-È vero che al rientro dalla Libia si aprì un’altra pagina importante per Ridola?

“Proprio così. Conclusa l’esperienza in Africa fu trasferito a Napoli, quindi a Catanzaro. Il matrimonio nell’aprile del 1928 si rivelerà un passaggio fondamentale nella sua vita. Poi il trasferimento a Trieste e Gorizia. Nel 1930 parteciperà con alcuni suoi dipinti alla mostra internazionale di Anversa, nell’anno successivo a quella di Parigi. Due importanti successi che porteranno Ridola a vivere una nuova avventura, l’Albania”.

-È vero che il soggiorno a Tirana si rivelerà una tappa molto importante per l’artista?

Quello che ho scoperto è che il Ministero delle colonie promosse un ambizioso progetto per avvalersi delle sue competenze fuori dai confini nazionali. Mario Ridola, ottenne i gradi di capitano e, sebbene militare, fu designato dal governo italiano alla Direzione della nascente Scuola di disegno di Tirana. Il «Ministero dell’Istruzione» albanese, d’intesa con le autorità italiane, annunciò con un provvedimento legislativo l’istituzione della Scuola di Disegno (Shkolla e Vizatimit): «…il Comitato Artistico ha istituito una scuola di disegno con lo scopo di formare alle Belle Arti tutti i ragazzi che abbiano mostrato spiccate capacità. La scuola sarà gestita dal Sig. prof. Mario Ridola, organizzatore del Comitato Artistico e responsabile dell’Organizzazione Nazionale “Djelmënia Albanian”, coadiuvato dal professor Andre Thanasi, insegnante del liceo Ginnasio. Chiediamo che gli studenti delle scuole superiori del paese che mostrino abilità nel disegno siano incoraggiati a frequentare la suddetta scuola».

-Un bel riconoscimento per lui?

“Si sa solo che l’artista, d’intesa con le autorità militari italiane, con a capo il comandante Pariani, capo della legazione italiana in Albania, accettò subito di ricoprire il prestigioso incarico. Fu una vera e propria promozione sul campo. Il generale, appassionato d’arte e desideroso di portare a compimento un progetto che avrebbe dato lustro a Tirana, ma soprattutto al governo italiano, lo accolse con la più affettuosa benevolenza. Divenne suo estimatore e ne assecondò le richieste. Lo ebbe come amico e lo introdusse al cospetto di Re Zog e della sua famiglia. Fu al suo fianco nella mostra organizzata dal Ridola nel giugno del 1932”.

Bruno Castagna con il suo vecchio team di lavoro, Giovanni Piro, Edoardo Marino, e Ciccio Di Michele

-Cosa rimane oggi dell’opera di Ridola in terra d’Albania?

“Rimangono i dipinti, ben tre in Italia e un quarto a Tirana, e le foto di una decina di quadri in un album del Fondo Pariani custodito presso il Museo delle civiche raccolte di Milano, a Palazzo Moriggia. E poi tantissimi giornali, che in più circostanze si sono occupati di lui e della scuola d’arte. Sotto la sua guida si formarono artisti importanti: Sadik Kaceli, Gani Strazimiri e Bukurosh Sejdini, oltre agli importanti scultori Llazar Nikolla e Filip Makovci. Nomi di artisti della Scuola di Disegno, culla dell’Accademia di Belle Arti, fino ad allora sconosciuti.

Mi piace ricordare anche il giudizio di uno dei critici d’arte albanesi più famosi nel mondo, Ferid Huhdri, che ho incontrato a Tirana recentemente, il quale ha espresso «il piacere di aver potuto parlare con il nipote di un pittore che dato un grande contributo alla prima scuola d’arte in Albania».  Le pubblicazioni di questo apprezzato studioso mi sono state di grandissimo aiuto, così come i suoi consigli. «Ancora oggi» – mi ha detto – «è possibile ammirare alla Galleria Nazionale di Tirana uno dei suoi quadri più prestigiosi, Il Pazari (Il Vecchio mercato)”.

-E cosa rimane dei suoi quadri? Non sarà stato facile rintracciarne qualcuno?

“Per quanto riguarda le tele “albanesi” – lo dicevo prima – è stato possibile reperire qualche dipinto e un buon numero di immagini presso la Biblioteca delle Civiche raccolte di Milano. Foto scattate all’epoca che ci hanno permesso di poter ammirare alcune opere pregevoli: il ritratto della principessa Rukje, quelli del ministro di Corte Eqrem Libohova e del maggiore Topallay, quello di una giovane in costume di Tirana e altre ancora. Altri quadri sono sparsi per l’Italia. Ce ne sono certamente a Genova, Trieste, Catanzaro. Dulcis in fundo ben 23 tele sono custodite nel Museo delle civiltà di Roma. Senza contare i quadri che Ridola ha lasciato a noi eredi, circa una quarantina. C’è materiale per organizzare una grande mostra. Mi piacerebbe che si svolgesse al Complesso Monumentale del San Giovanni di Catanzaro”. 

-Non hai pensato a una mostra da fare a Tirana, a suggello di quello che fu uno dei passaggi più importanti della vita dell’artista?

“Sarebbe un sogno poterla realizzare. Lo storico Huhdri la vedrebbe di buon occhio. Anche Buron Kaceli, figlio di Sadik allievo prediletto del Ridola, è dello stesso avviso. Ma per riuscire in questa che è da considerarsi una “impresa” occorrerebbe superare ostacoli di non poco conto. Ci potrebbe stare un accordo tra Italia e Albania, per far giungere a Tirana le opere del Ridola. Difficile, certo, ma non impossibile da realizzare”.

-Quale fu il percorso artistico del Ridola dopo l’esperienza in Albania?

“Rientrato in patria si stabilì a Roma. Pur senza mai tralasciare la possibilità di proporre le proprie opere nel resto del paese. Alcuni suoi dipinti furono presentati alla terza edizione della Mostra d’Arte Città di Rapallo. Nel 1938 Ridola tenne una mostra in una Bottega d’Arte di via Regina Elena a Roma. Lo scrittore triestino Silvio Benco, critico di rara sensibilità, espresse un lusinghiero giudizio sull’artista sulle colonne de «Il Piccolo» di Trieste. Lasciata la capitale Ridola trascorse con la famiglia fu un breve periodo a Napoli. L’anno successivo Ridola sbarcò a Verona. Nel 1942 partecipò alla XII Mostra Sindacale d’Arte del Veneto, che si tenne al Palazzo della Gran Guardia dal 9 maggio al 15 giugno. Soggiornò nella città scaligera fino al 1947”.

Bruno Castagna con Ciccio Di Michele e Pietro Cantafio alle spalle

-Dunque, nell’immediato dopo guerra Ridola rientrò in Calabria, a Catanzaro, ultima sede del suo incessante viaggiare all’estero e in Italia?

“La fine della guerra e la proclamazione della Repubblica nel giugno del 1946 chiusero una lunga, dolorosa, pagina di storia italiana. Ridola concluse la sua esperienza militare e con la famiglia si trasferì a Catanzaro, città natale della moglie Francesca. Ottenne di poter insegnare in alcuni Istituti scolastici cittadini. Si dedicò alla famiglia. Diventò nonno.  Ebbe tempo per poter coltivare la sua passione per la pittura. Continuò ad esporre in Calabria e in diverse città italiane. Alcune biografie edite su importanti saggi citano come possibili sedi di esposizioni Napoli, Positano e persino Trieste”.

-Ha qualche ricordo delle mostre organizzate in Calabria?

“Mio nonno espose a Catanzaro nel 1960. La mostra, inaugurata 3 giugno dal Provveditore agli Studi, Giovanni Liuzzi, si tenne nell’Aula Magna del Liceo Galluppi. Se ne parlò sui giornali, in primo piano le cronache de Il Messaggero, Il Roma, Il Popolo. Un’altra esposizione fu a Crotone, l’anno successivo, nella sede nella sede dell’Istituto industriale Donegani. Ne riferì ampiamente la Gazzetta del Sud. Un curato trafiletto apparve il 15 luglio anche sulle colonne del settimanale Magna Græcia, grazie alla sensibilità del suo direttore Gaetano Asturi, notoriamente appassionato d’Arte ed in particolar modo di pittura. Il maestro si ritirò a vita privata, ma seguitò a incontrare amici e conoscenti. Nella quiete del suo studio trascorse qualche anno tra le gioie della sua famiglia e una compagine di nipoti sempre più numerosa. Nel 1963 fu invitato a tenere una personale nei locali dello storico Circolo Unione, a Palazzo Fazzari: Ne scrisse Giuseppe Papaleo sul «Roma».

-Una vita intensa di relazioni e di rapporti?

“Non si può dire di no. Tenne proficui contatti con artisti e intellettuali, e, soprattutto, continuò a dipingere. Raffigurò paesaggi, fiori, nature morte, ritratti, che, nel giugno del 1966, espose alla galleria d’arte “Il Pentagono” di Nicastro. Nell’autunno del 1969 impostò, e portò a termine, un nuovo lavoro. Ebbe per modella una giovane studentessa catanzarese, amica di famiglia. Il dipinto fu esposto l’anno successivo alla Galleria d’arte “Il Pozzo”. Nell’estate del 1971, infine, benché molto avanti negli anni, allestì una nuova mostra nel salone del Motel Copanello di Stalettì. Il suo ultimo, vero, appuntamento in pubblico. Mario Ridola morirà qualche tempo dopo, nella sua casa di via Cefaly, il 26 febbraio del 1973”.

-Qualche dettaglio ancora sul volume che stai per presentare? Un lavoro immagino molto complesso che sarà costato molta fatica. Accademie di Belle Arti, musei, gallerie d’arte, biblioteche, giornali…

“Il lavoro che ho portato a termine mi ripaga immensamente dei sacrifici fatti. Ho dato vita a una lunga e corposa ricerca con tutte le difficoltà e, talvolta, anche le liete sorprese, che questo tipo di studio comporta. Avrò un bel po’ di persone da ringraziare, studiosi, critici d’arte, giornalisti, bibliotecari. Cosa che desidero fare anche in questa circostanza. Penso al critico d’arte Antonio Falbo che ha voluto gratificarmi redigendo una nota molto importante dal punto di vista artistico. Ma penso in egual modo alla storica dell’arte Lara Caccia, docente presso l’Accademia di Belle arti di Catanzaro, che ringrazio per aver voluto approfondire la storia di Mario Ridola e che sarà gradita interlocutrice nella serata di presentazione”. 

-So che le tue ricerche non hanno conosciuto confini geografici?

“Il mio più sentito ringraziamento va anche ai funzionari della Biblioteca e Archivio delle Civiche Raccolte Storiche di Milano (Palazzo Moriggia), del Museo delle Civiltà di Roma e della Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II di Roma, della Biblioteca IsIAO (Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente), dell’Archivio bioiconografico. Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, nonché alla direttrice Polo Galleria d’Arte Moderna e contemporanea di Genova. Infine, un grandissimo ringraziamento va agli amici di Tirana, con quali ho potuto approfondire la ricerca sulle vicende albanesi che hanno riguardato la vita e l’attività dell’artista. Mi piace ricordare Fatmir Toçi, presidente della Casa editrice “Toena”, sua figlia Majlinda, bibliografa presso Biblioteca Nazionale di Albania, Volfgang Kosturi, figlio di Gjuzepina Kosturi, per avermi narrato la storia della celebre cantante lirica e della sua famiglia, Heral Saraci, nipote del pittore Sadik Kaceli, Buron Kaceli, figlio dello stesso Sadik, le cui testimonianze sulla scuola di disegno fondata da Mario Ridola mi hanno consentito di apprendere particolari inediti di grandissimo significato. Un altro grazie, sentitissimo, va a Ferid Huhdri, uno dei critici d’arte albanesi più famosi nel mondo, le cui pubblicazioni mi sono state di grandissimo aiuto, così come i suoi consigli. Ho avuto l’onore di poterlo incontrare recentemente a Tirana e di poter ascoltare dalla sua voce parole ispirate a un sentimento di grande rispetto un pittore – ha detto – «che dato un grande contributo alla prima scuola d’arte in Albania». 

-Siamo alla fine, Bruno dammi almeno una chicca su questo nonno pittore così famoso…

“Posso dirti che l’ultimo quadro che fece mio nonno prima della morte, il 1969 fu quello che ebbe come modella Rosalba Tavano, moglie di Peppe Soluri. E il quadro è attualmente in casa Soluri. Corsi e ricorsi della storia”. (Pino Nano)

Bruno Castagna in segreteria di redazione con Mario Tursi Prato alla RAI di Cosenza

*Bruno Castagna, giornalista e scrittore, è nato a Catanzaro, il 27 luglio del 1952, è il figlio del cantore vernacolare della città, Benito Castagna. Risiede a Carolei (Cs). Dal 1979 è stato dipendente della Rai Radiotelevisione italiana, nell’organico di Produzione della sede regionale per la Calabria. È giornalista dal 2000, ma soprattutto storiografo, ricercatore, scrittore.  Attività di ricerca e pubblicistica. È autore delle seguenti opere:- Alfonso Rendano, il Beato Angelico della musica, edito dall’Associazione Culturale Alfonso Rendano di Carolei, 2001;

– Carolei. Dalla fase postunitaria alle soglie della Repubblica, ed. Librare, San Giovanni in Fiore 2005;- Il calabrese che fece grande Bob Dylan, edito da Klipper, Cosenza 2007, diffuso in accoppiamento con il quotidiano Gazzetta del Sud; – Alfonso Rendano, musicista d’Europa, Pubblisfera Edizioni, San Giovanni in Fiore, 2008.- Alarico. Il destino in un sogno, Pubblisfera Edizioni, San Giovanni in Fiore, 2010.- Alfonso Rendano. La vita, l’arte, Pubblisfera Edizioni, San Giovanni in Fiore, 2022.Ha curato inoltre la raccolta di poesie in vernacolo V’aspettu u ‘2000, di Benito Castagna, Pubblisfera Edizioni, San Giovanni in Fiore, 2023.  Nell’ottobre del 1998, ha fondato e diretto il periodico Compagni di Viaggio; Ha curato il progetto grafico del periodico del sindacato dei giornalisti calabresi Il giornalista della Calabria; Da settembre 2005 a giugno 2006, ha diretto il bimestrale Ambientiamoci, edito dal Consorzio Valle Crati; Ha collaborato al mensile Sport & Turismo, rivista diffusa dal quotidiano Gazzetta del Sud e diretto da Mario Tursi Prato.

(Pino Nano).

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